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La leggenda di Rigel, il cane che salvò una scialuppa del Titanic

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Pubblicato il 12/04/2019
Di Team Digital
 La leggenda di Rigel il cane che si salv sul Titanic

Vi raccontiamo la sua storia e quella di molti altri cani saliti sul Titanic nel 1912

La tragedia del Titanic a distanza di più di 100 anni continua a fare il suo effetto. A ridosso della ricorrenza dell’incidente spuntano nuove e vecchie storie non tutte verificate e verificabili e molte iniziative, come lo spettacolo “Titanic Live” per il quale puoi vincere i biglietti giocando su RDS.it fino al 21 aprile. Quel che è certo è che sulla nave che salpò dal porto di Southampton verso New York il 10 aprile del 1912, oltre ai 2200 passeggeri (tra ospiti, personale di servizio e marinai) c’erano anche i cani, una dozzina, secondo alcune fonti, trentacinque secondo altre.


Si trattava di cani di proprietà dei passeggeri di prima classe, che avevano voluto portarli con loro in quest’avventura, il loro biglietto costava come quello di un bambino, non tutti potevano permetterselo. In quella terribile notte persero la vita 1500 delle 2200 che erano a bordo e quasi tutti i cani. Se ne salvarono pochissimi, solo i più piccoli, giusto quelli che non furono dimenticati in cabina nel trambusto e che i proprietari vollero imbarcare sulle scialuppe.

I cani ospiti a bordo erano principalmente di razza e con pedigree. Le loro giornate erano rigorosamente organizzate. Di notte riposavano in cabina con i proprietari, oppure in gabbie poste in una zona della nave a loro dedicata. Mattina e pomeriggio la servitù dei proprietari li faceva sgranchire sul ponte di poppa allestito a loro uso e consumo, il resto del tempo accompagnavano i proprietari per tutta la nave. Per combattere la noia del viaggio fu organizzata anche una gara di bellezza che doveva tenersi il giorno successivo al naufragio.
















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Quando il 14 aprile 1912, poco prima della mezzanotte, il Titanic urtò alla velocità di circa 21 nodi un enorme iceberg, in pochi pensarono a salvare il proprio cane prima che la nave affondasse in meno di tre ore. I racconti parlano di John Jacob Astor, proprietario di una airedale terrier, Kitty, che si preoccupò, dopo aver fatto salire su una scialuppa la moglie incinta, di recuperare l’amica fedele e di liberare anche gli altri cani perché provassero a salvarsi. Jacob e la sua Kitty morirono insieme agli altri cuccioli salvati. Ann Elizabeth Isham si rifiutò di salire sulla scialuppa senza il suo alano, che gli altri viaggiatori si rifiutarono si far salire in quanto occupava troppo spazio, e morì con lui: furono trovati in mare non molto distanti l’uno dall’altra.

I coniugi Walton Bishop, in viaggio di nozze in compagnia della loro cagnolina, pensarono solo a salvare loro stessi, lasciando la piccola barboncina Frou Frou chiusa nella loro cabina, senza scampo. I più piccoli si salvarono: Lady, una volpina di pomerania, si salvò insieme alla sua proprietaria, la ventiquattrenne Margaret Bechstein Hays. Anche il volpino della coppia Rothschild si salvò, perché tenuto nascosto tra i vestiti da Jane Elizabeth fino all’arrivo dei soccorsi.

Myna ed Henry Harper pretesero e ottennero che il loro pechinese Sun Yat-Sen salisse con loro e nessuno protestò perché il cucciolo era davvero minuscolo. Stessa sorte per un altro pomeranian, il piccolo Pommy. La sua proprietaria, Margaret Bechstein Hays, si rifiutò di lasciarlo sul ponte e lo portò con sé perché entrava nella sua borsa. Buona parte dei cani presenti, essendo di piccola e piccolissima taglia, avrebbero potuto salvarsi se i loro proprietari avessero avuto un pensiero per loro, ma all’epoca i cani erano considerati più che oggetti da sfoggiare e nessuno pensò a salvarli.



La leggenda di Rigel sul Titanic


Tra i cani presenti la leggenda narra di Rigel, il bellissimo esemplare di Terranova che salvò una scialuppa e anche se stesso. Rigel era un robusto esemplare di circa settanta chili di peso, che, imbarcatosi con il primo ufficiale Wiliam McMaster Murdoch, non trovò spazio nelle scialuppe, data la mole. Attratto dall’acqua o travolto dall’inabissarsi del relitto finì nelle gelide acque dell’Atlantico, a una temperatura di -2°.



Nuotò per ore mentre il suo proprietario era, purtroppo, tra le vittime del disastro. La prima nave che soccorse i naufraghi fu la britannica Carpathia che un’ora e mezza dopo che il transatlantico era stato definitivamente inghiottito dalle acque, salvò i circa settecento sopravvissuti. Dalla nave inglese un marinaio sentì abbaiare forte. Si trattava di Rigel che, quasi sotto la prua della nave, segnalava la sua presenza e quella di una scialuppa che avrebbe rischiato di finire sotto l’imbarcazione dei soccorritori poiché gli occupanti erano troppo stremati per segnalarsi.


Anche Rigel fu tratto in salvo, ma non era certo che appartenesse all’ufficiale deceduto e così non si seppe mai se fosse stato abbandonato al suo destino dal padrone o se avesse perso in mare il compagno e così John Brown, il maestro d’ascia del Carpathia che per primo lo aveva avvistato, decise di adottarlo con il nome di Briggs. Rigel-Briggs andò a New York e tornò con il Carpathia in Inghilterra e poi in Scozia, dove invecchiò a fianco del marinaio.


Degli altri cani esiste una registrazione a bordo del Titanic e dunque la prova della loro esistenza, ma per Rigel sono stati sollevati dubbi, anche se i giornali dell’epoca celebrarono il coraggio di questo colosso coraggioso. La sua storia venne ripubblicata diverse volte, condita da dettagli discordanti. Nonostante sia probabile che la storia di Rigel sia inventata, il romanticismo della vicenda ha generati un’ampia letteratura dedicata al Terranova del Titanic: ricordiamo “The Legend of Rigel: Hero Dog of the Titanic”, disponibile su Amazon.

Foto: Facebook, Instagram


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